Le novità del Messale

A cura dell'Ufficio Liturgico Diocesano

La storia recente

Il Concilio Vaticano II, nel 1963 con la Costituzione sulla sacra liturgia, chiede che «il rito della messa sia riveduto» (Sacrosanctum Concilium 50) in modo che diventi più semplice e la partecipazione da parte dei fedeli sia resa più facile. Questo invito mise in moto un ampio processo di riforma che riguardò tutti i libri liturgici, tra cui il Messale Romano. Lo scopo era quello di rivedere e aggiornare quel Messale che aveva assunto una forma piuttosto stabile a partire dalla precedente riforma del 1570. Così nel 1970 apparve la prima edizione latina del nuovo Messale che prevede la struttura della Messa come oggi la conosciamo. Una seconda edizione fu realizzata già nel 1975, mentre la terza (e per il momento ultima) è del 2002. A partire da ogni edizione ufficiale latina, la Conferenza episcopale italiana ha provveduto a realizzarne la traduzione in italiano. Il Messale italiano in uso fino ad oggi ha visto la luce nel 1983 e ora abbiamo tra le mani l’ultima edizione (2020).

Non si tratta di un “nuovo” Messale, ma della sua versione più aggiornata. I cambiamenti riguardano il linguaggio utilizzato nei testi, la qual cosa provocherà inizialmente qualche disagio, ma sarà l’occasione per prestare maggiore attenzione a ciò che diciamo e ascoltiamo. L’opportunità è di crescere nella consapevolezza di quello che accade nella Messa e per questo avere qualche strumento in più per una piena e attiva partecipazione al Mistero di Cristo celebrato.

Tradurre e adattare

Nella Chiesa romana, il latino è la lingua ufficiale in cui vengono composte le preghiere della liturgia. Il Messale si compone così dei tanti testi composti nei secoli passati e si arricchisce di volta in volta di nuovi brani e di continui perfezionamenti. A partire dall’originale latino comincia l’impegno della traduzione, affinché i vari popoli del mondo possano pregare oggi anche nella propria lingua, quindi con una maggiore possibilità di comprensione. Oltre alla traduzione, il libro liturgico viene adattato, cioè può subire delle modifiche sostanziali come l’aggiunta di alcune parti (nel Messale Italiano una stelletta precede tutti i testi “nuovi” rispetto all’edizione latina), o la loro omissione.

Tradurre è un’opera non facile, perché si può rischiare di essere “troppo fedeli” all’originale, tanto da avere un testo in italiano che si fa fatica a comprendere e pregare, oppure perché si vuole fare una “traduzione libera” che rispetta poco la preghiera di partenza. Tradurre è contemporaneamente rischioso, necessario e un’avventura mai finita. E’ l’opera di chi si mette in ascolto del passato, di chi è venuto prima di noi e accoglie coraggiosamente la sfida di adattare ai nostri giorni la preghiera della Chiesa. E’ un’operazione che consente la comunione con chi ci ha preceduto nella fede e insieme ci permette di vivere autenticamente la nostra risposta al Signore.

Fratelli e sorelle

Le nostre assemblee liturgiche si compongono, in genere, della più grande varietà di fedeli: bambini e anziani, giovani e adulti, uomini e donne… Quando chi presiede si rivolge ai presenti con la semplice e sintetica formula “fratelli e sorelle” intende abbracciare tutta l’assemblea così composta. La specificazione, che ora più frequentemente si rivolge a entrambi i sessi, concorre a una maggiore correttezza e alla sottolineatura della verità dell’assemblea, composta da fratelli e sorelle cristiani.
La novità che coinvolge tutti riguarda in particolare il “Confesso”, in cui per due volte sulla nostra bocca risuoneranno i termini “fratelli e sorelle”. Porre attenzione al piccolo cambiamento può aiutarci a prendere consapevolezza che in quel momento ognuno di noi si pone alla presenza di Dio e dell’assemblea con animo penitente (Confesso) e con la richiesta accorata (supplico) alla Chiesa tutta, celeste (Maria, gli angeli e i santi) e terrestre (fratelli e sorelle) di essere ricordato nella preghiera.
Il cammino di fede e di conversione è itinerario di Chiesa, si procede insieme alla grande compagnia di fratelli e sorelle che condividono la fatica del limite e lo scandalo dei peccati, ma che assieme si sostengono con la preghiera reciproca e l’aiuto fraterno nella gioia dell’incontro con Cristo.

Il Padre nostro

Il Padre nostro è la preghiera che Gesù consegna ai suoi discepoli, rispondendo alla richiesta di insegnare loro come pregare (Lc 11,1) e per dare loro il modo di rivolgersi al Padre, a differenza dei pagani che pregano sprecando tante parole (Mt 6,7). Queste parole, che impariamo fin da bambini e restano conosciute anche per chi non frequenta assiduamente la messa, corrispondono al brano contenuto nel vangelo secondo Matteo (Mt 6,9-13). Se tutti ne conoscono la versione italiana, molti ancora ne ricordano i termini latini che a volte cantiamo. Il Messale utilizza il testo proposto nella versione Cei della Bibbia del 2008. Questa nuova traduzione, che stiamo imparando, richiede tutta la nostra attenzione per abituarci a pregare con “nuove” parole. I cambiamenti sono motivati dalla volontà di essere più fedeli al testo evangelico originale in lingua greca. Anzitutto l’aggiunta di un anche (presente pure nella versione latina) collega la misericordia che invochiamo dal Padre alla nostra disponibilità a perdonare il prossimo: mentre supplichiamo di perdonarci (e siamo certi di essere ascoltati) siamo interpellati ad avere lo stesso atteggiamento nei confronti del prossimo (cf. Mt 18,23-35). Inoltre l’invocazione di non abbandonarci ci invita a cogliere la costante presenza del Padre nella nostra vita, anche quando siamo messi alla prova. Queste modifiche, che a poco a poco diverranno familiari, potranno aiutare a una sempre maggiore confidenza con la preghiera del Signore, così da rivolgerci al Padre con autentica confidenza.

Il Gloria

Il Gloria è un inno antichissimo con il quale la Chiesa, radunata dallo Spirito Santo, glorifica il Padre e il Figlio ed eleva la supplica e la lode. Nella III edizione italiana del Messale troviamo un cambiamento nella prima frase del testo, che riprende il Vangelo di Luca (2,14): «…e pace in terra agli uomini amati dal Signore». La traduzione precedente riprendeva fedelmente l’espressione latina bonae voluntatis. Il testo originale greco, tuttavia, riportava l’espressione eudokìas che significa «coloro a cui è rivolta la benevolenza di Dio». La Bibbia (CEI 2008) ha tradotto «che egli ama», ma nel Messale si è preferito l’equivalente «amati dal Signore» per poter adattare le melodie già in uso nelle nostre comunità. Una ragione di cantabilità, quindi. Le indicazioni del Messale al n. 53 precisano le modalità con le quali cantare questo inno: o tutta l’assemblea, o il popolo alternativamente con il coro, oppure il coro solo. La forma musicale propria per cantare il Gloria è quella innica, senza ritornello, che permette il fluire del testo dall’inizio alla fine. In questi anni si sono diffuse delle composizioni musicali del Gloria strutturate in ritornello-strofe. L’intento era quello di coinvolgere nella partecipazione in canto grandi assemblee, ad esempio di santuari internazionali. Questa pratica si è diffusa anche nelle nostre comunità. Tuttavia, essendo le nostre assemblee generalmente più stabili, hanno la possibilità di apprendere, con un po’ di pazienza, il canto del Gloria nella forma più propria, “diretta”. Può essere utile provare il Gloria prima della messa e cantarlo per più domeniche di seguito, ad esempio nel tempo di Natale. È il canto degli angeli nella notte della nascita del Salvatore. È l’annuncio di gioia che raggiunge tutti, in particolare i poveri: il Signore è in mezzo a noi come il Dio della pace e dell’amore.

Per approfondire…

Un Messale per le nostre Assemblee

Un sussidio pastorale che accompagna la terza edizione italiana del Messale Romano.

Uno strumento da utilizzare con sapienza pastorale per permettere ai ministri ordinati, agli animatori liturgici delle nostre comunità, ai catechisti e a tutti i fedeli di conoscere meglio il Messale e metterne in atto tutte le potenzialità.