“A Natale una luce ci orienta e ci scalda” – Messa della Vigilia presieduta dal Vescovo alla stazione degli autobus di Treviso

“A Natale una luce ci orienta e ci scalda” – Messa della Vigilia presieduta dal Vescovo alla stazione degli autobus di Treviso

Centinaia di persone in piedi, al freddo, ma in un clima di raccoglimento e partecipazione, tutte insieme domenica sera, 24 dicembre, per la messa della vigilia di Natale presieduta dal Vescovo alla stazione degli autobus Mom di Treviso. Un’iniziativa voluta dal Ceis di Treviso, dalla Caritas e dalla Comunità di Sant’Egidio. Un luogo simbolico, per ribadire la vicinanza alle persone più svantaggiate ed emarginate, accompagnate in modo particolare dalle tre realtà. Per questo, l’invito a partecipare, gli organizzatori lo hanno rivolto a tutti i trevigiani. E in tanti hanno risposto, tra cui molti giovani.

A concelebrare con il vescovo, Michele Tomasi, don Matteo Volpato, assistente del Ceis, don Bruno Baratto, direttore dell’ufficio diocesano Migrantes e coordinatore delle attività pastorali di Caritas tarvisina, e don Stefano Moino, volontario alla Casa della carità. Hanno animato con i canti gli scout del Treviso 2.

“Siamo qui per la messa di Natale alla quale il Signore ci convoca come suo popolo in cammino, in movimento verso il centro della nostra esistenza, qui, in queste strutture deputate al movimento nella nostra vita quotidiana – ha detto il Vescovo all’inizio della celebrazione, salutando le autorità e tutti coloro che si mettono a disposizione degli altri in modo gratuito -. Ci sentiamo in cammino, svegli nella notte, perché anche quando la notte ci fa paura, è proprio lì, nella notte, che c’è una luce che ci orienta, che ci scalda: e questa luce è quel bimbo, l’eterno amore di Dio che viene ad abitare in mezzo a noi e che vediamo nel volto di ciascuno e di ciascuna di noi, perché siamo fatti a sua immagine, siamo toccati dal suo amore”.

Riflettendo sul brano del profeta Isaia, il Vescovo ha ricordato come la Galilea sia luogo della commistione tra popoli differenti, terra di confine tra il popolo di Israele e le genti della terra. Luogo di rischio, ma anche terra riscattata”, luogo “dell’incontro e dello sguardo amichevole, dell’abbraccio e dello scambio di conoscenze e di esperienze, luogo di comunicazione di forme differenti di amore per la stessa vita che è dono per tutti, senza condizioni”, terra di “confine – luogo di paura, di contrapposizione, di difesa da colui che è differente – che diventa soglia, luogo di incontro, terra di scambio, di accoglienza”.

Una storia di speranza, quella della nascita di Gesù, “che non trova compimento in nessuna delle grandi capitali del tempo, ma a Betlemme di Giudea, patria del re Davide. In quella Betlemme che oggi – ha sottolineato il Vescovo – non è più luogo di gioia, ma è vuota e spettrale, soffocata da una guerra insensata”.

Ma a noi, oggi, come allora ai pastori, non serve altro che questo bambino, “vulnerabile e forte, che rompe ogni confine, e che rende comunicanti per sempre il cielo e la terra”.

E allora, nell’accoglienza stupita e felice del dono del bimbo, “accogliamo la fragile creatura e l’onnipotente creatore, e l’amico, e il compagno di viaggio, e il Signore, unico, della nostra vita: Accogliamo l’indifeso guardandolo, ascoltandolo, imparando a riconoscerne gli stati d’animo e i bisogni. E così troviamo anche il senso della vita, il motivo per non sentirci soli”.

Qui c’è davvero “tutto quello che serve per vivere, e per amare e lasciarci amare, con tutto l’amore di Dio – ha ricordato mons. Tomasi -. Non ci sono più limiti e barriere, in questa notte, la Galilea sarà ancora terra di incontro. Betlemme sarà ancora culla di pace. E questo nostro incontro, e ogni luogo della nostra esistenza in cui ci incontreremo per far spazio alla pace sarà per noi “Galilea delle genti”, e sarà per noi “Betlemme”. E la nostra città sarà luogo accogliente e amico, e tutti insieme saremo comunità di fratelli e sorelle, che imparano insieme ad amare”.

Durante la celebrazione sono state ricordate anche le persone care che ci hanno lasciato: un pensiero è andato, in modo particolare, a don Davide Schiavon, a don Edy Savietto, a Mandeep Singh, a due amici del Ceis e a Vanessa Ballan.