Aperto in Diocesi il percorso del Sinodo

Aperto in Diocesi il percorso del Sinodo

Un invito a camminare insieme, tutti i battezzati, in ascolto della Parola e della vita, vivendo nella luce e portando la luce ai nostri compagni di strada, lasciandoci guidare dallo Spirito Santo, perché “se gli lasciamo spazio, se gli doniamo tempo Lui ci parla, ci indica la strada”. E’ l’augurio del vescovo Michele espresso durante la celebrazione diocesana di apertura del Sinodo dei Vescovi e del Cammino sinodale della Chiesa italiana, domenica 17 ottobre, nel tempio di San Nicolò, a Treviso.

Una celebrazione iniziata alle porte della chiesa con la benedizione dell’acqua, il rinnovo delle promesse battesimali e il rito di aspersione dell’assemblea da parte dei diaconi. Poi la processione, preceduta dal libro del Vangelo, e con un’icona mariana, accompagnata dal canto della Litania dei santi.

La Parola dal Vangelo secondo Luca (8,16-21), centrata sulla luce e sull’ascolto, è stata al centro dell’omelia del vescovo Michele (qui sotto il testo integrale).

Poi l’invocazione dello Spirito, perché illumini e sostenga il cammino di rinnovamento della Chiesa, e le preghiere dei fedeli ispirate ai 10 nuclei tematici del Documento preparatorio del Sinodo.

Al termine, il Vescovo ha ricordato che “il processo di ascolto ci aiuterà ad incontrarci, a scoprirci fratelli e sorelle, a rinvigorire i motivi della nostra speranza. Tra oggi e aprile dell’anno prossimo faremo proposte per compiere serenamente questo processo di parola e di ascolto”. Mons. Tomasi ha anche annunciato che sarà il vicario per il coordinamento della Pastorale, mons. Mario Salviato, ad assumere il coordinamento del percorso, mentre Marialuisa Furlan, segretaria del Consiglio pastorale diocesano e Andrea Pozzobon, co-direttore dell’Ufficio per la pastorale della famiglia della Diocesi, saranno i referenti diocesani di questo cammino.

Dopo la benedizione, coloro che hanno portato le lampade, illuminate dalla Parola e dalla preghiera di tutta la comunità, sono usciti in processione, con le lampade accese, per significare, come ha ricordato il Vescovo, che “tutti insieme siamo chiamati a vivere della luce della Parola, della luce dell’amore di Dio, sulle nostre strade, nel nostro tempo”.

 

OMELIA DEL VESCOVO MICHELE TOMASI:

Abbiamo incominciato dalla memoria del Battesimo, oggi: là è la nostra origine, ciò che ci accomuna, il principio che ci salva.

Ricordo le parole che a questo proposito ci ha rivolto Papa Francesco nel discorso all’apertura del sinodo, sabato della settimana scorsa:

“La partecipazione è un’esigenza della fede battesimale. […] Se manca una reale partecipazione di tutto il Popolo di Dio, i discorsi sulla comunione rischiano di restare pie intenzioni. Su questo aspetto abbiamo fatto dei passi in avanti, ma si fa ancora una certa fatica e siamo costretti a registrare il disagio e la sofferenza di tanti operatori pastorali, degli organismi di partecipazione delle diocesi e delle parrocchie, delle donne che spesso sono ancora ai margini. Partecipare tutti: è un impegno ecclesiale irrinunciabile! Tutti battezzati, questa è la carta d’identità: il Battesimo”.

Camminiamo insieme.

Abbiamo poi invocato i santi, e molti tra loro hanno vissuto, lottato, amato in questa nostra terra, sono «santi di casa», veri compagni di strada: il cammino sinodale della chiesa non incomincia oggi, non è incominciato ieri: è il cammino del popolo che a partire da Gesù e gli apostoli ha attraversato i tempi e gli spazi della storia per arrivare a noi…la processione è lunga! E quante avventure affascinanti e appassionanti in quelle storie, evocate dai nomi dei fratelli e delle sorelle che ricordiamo ancora, perché in un modo o nell’altro la loro vita è stata una luce. Conoscendoli meglio potremo imparare molto.

Camminiamo insieme.

Abbiamo ascoltato la proclamazione della Parola di Dio. Quanta luce c’è in quanto ci viene donato e affidato. Quanta forza, quanta vita. Quanta energia di speranza e di futuro che aspetta solamente di essere vista, di essere accolta e riflessa e amplificata. Di diffondersi e di crescere. Quanti rischi, certo, ci aspettano nell’avventura umana vissuta negli orizzonti infiniti di un amore che ha forza di eternità, dono che non contempla riserve, ma anche quanta bellezza ed attrattiva contenute in una vita non scontata, non grigia, non banale. Quanta luce si diffonde se la mia lampada arde assieme alla tua, alla vostra, a quelle di tutti gli altri, compagni di strada.

Camminiamo insieme.

Guardate il potenziale di rinnovamento, di futuro: guardate che promessa di vita nuova, reale, concreta ci viene incontro per esempio nell’Eucaristia: nel momento più buio, quello dell’incomprensione, del tradimento e del rinnegamento, della fuga degli amici, della vergogna e del dolore, Gesù consegna ai suoi – a noi – un pane e un vino, la sua vita intera, presenza che supera ogni barriera, che nutre ogni progetto, che alimenta ogni speranza. Un pane e un vino che sanno di buono, che sanno di vita vera.

Il Beato Angelico, il grande artista del quattrocento che nella preghiera «vedeva» la Parola di Dio e in essa angeli e luce, e ci ha regalato la visione del suo ascolto in dipinti di bellezza commovente, ha detto un giorno che «L’oscurità del mondo è soltanto un’ombra. Dietro di essa e tuttavia alla nostra portata, si trova la gioia. In quest’oscurità ci sono uno splendore e una gioia ineffabili, se soltanto potessimo vederli».

Abbiamo forse neutralizzato questa carica, questa forza?

Quando abbiamo smesso di vedere ciò che ascoltavamo? Quando la nostra sordità ci ha reso ciechi?

Sterilizziamo  la forza del dono di Dio se smettiamo di vedere che la reale presenza di Cristo nel pane e nel vino è anche la sua presenza “quando due o tre sono riuniti nel suo nome”, e che quella presenza è la stessa che incontriamo nell’affamato, nell’assetato, nell’abbandonato, ogni volta che andiamo a prenderci cura dei suoi concreti e reali bisogni e lo incontriamo per amor suo, finendo per trovarci faccia a faccia con l’amore stesso, con Dio amore, bruciante più del roveto ardente o di ogni cuore innamorato.

Troppe volte ne abbiamo fatto un rito stanco, che non incuriosisce – almeno questo lo dovrebbe, ancora – chi ha sete di esperienze profonde ed autentiche, che non fa porre almeno una domanda ai giovani, che non dà sollievo almeno per un poco agli sconfitti ed ai colpiti dalla vita.

State attenti. Guardate come ascoltate! Ci ricorda il Signore Gesù.

Quando è stato l’ultima volta che ho avuto un tuffo al cuore ascoltando il racconto di un desiderio, di un bisogno, di una fatica, di una gioia?

Quando e dove si vede ancora che nella Chiesa stiamo ascoltando la Parola di Dio?

Se viviamo relazioni sincere tra noi e con gli altri, ce ne verranno donate sempre di nuove, se ci chiudiamo rimarremo isolati: “a chi ha sarà dato, e a chi non ha sarà tolto anche ciò che crede di avere”.

Ciò che crede di avere, capite? Anche le relazioni che già viviamo possono sempre essere più profonde, più autentiche; le nostre priorità potrebbero contribuire di più alla nostra vera umanizzazione: siamo sicuri che le nostre aspirazioni, i nostri obbiettivi personali e comunitari corrispondano davvero alla nostra vera realizzazione?

Se intorno vedo silenzio, solitudine, incomprensione, lotta e dissidio, indurimento su posizioni che non sanno più confrontarsi tra di loro, allora davvero mi viene tolto anche quello che ho, quello che credo di avere.

Abbiamo davvero smesso di guardare illuminati dalla Parola?

Non posso credere che i cristiani vogliano credere di più all’evidenza dell’oscurità piuttosto che alla bellezza della chiamata a diffondere nel mondo la luce di Dio!

Guardiamo bene, come ascoltiamo!

Torniamo allora a ricordare qual è stato il momento, quale la scintilla grazie alla quale siamo diventati, ad un certo punto, discepoli di Cristo e lo siamo rimasti nonostante tutto.

Cerchiamo nella nostra memoria i volti, i nomi e le storie di tutti coloro che ci hanno aiutato in questo cammino, che hanno dato inizio a questa nostra storia, a coloro che abbiamo incontrato per strada, a coloro senza i quali non potremmo nemmeno immaginare di essere e rimanere cristiani.

Nell’estate dell’anno scorso mi era parso bene – in molte celebrazioni nelle parrocchie che ho avuto la grazia di vivere – di invitare con una certa urgenza i fedeli a ricordare il volto e il nome di chi sedeva prima della chiusura a causa della pandemia accanto a loro nella messa e per un motivo od un altro, non si era più incontrato al momento della riapertura e ad interpellarli, per quanto possibile: «dove sei, perché non ci sei più? Stai male, o non ti interessa più ciò che viviamo? Non posso vivere senza nemmeno provare a venirti a cercare».

Ripartiamo ancora da qui. E chiediamoci come potremo incontrare tutti coloro che ci piacerebbe avere con noi e che ci hanno lasciato, per i quali non siamo più interessanti, per i quali non siamo più una comunità alla cui vita valga la pena di partecipare.

Ripartiamo anche da coloro che non abbiamo mai raggiunto (è anche questo un volto della missione).

Pensiamo ai giovani.

Pensiamo al ruolo e allo spazio dato alle donne.

Al mondo della cultura, ai tanti che con il lavoro si impegnano alla costruzione di questo nostro mondo.

Pensiamo ai poveri: sono una categoria sociologica, un problema, un fastidio? Mi viene in mente il volto di qualcuno in particolare, se penso «ai poveri»? Mi viene in mente un nome? Anche questo è ascolto, anche questo è stare attenti e guardare come ascoltiamo.

Fra poco invocheremo lo Spirito Santo: non è una preghiera qualunque, o un atto formale. È lo Spirito di Dio, lo Spirito che è Dio a illuminarci, a parlarci, ad allargare i nostri orizzonti. È lo Spirito di Dio, il respiro di Dio, il vero soggetto del Sinodo. Se gli lasciamo spazio, se gli doniamo tempo Lui ci parla, Lui ci indica la strada. Lui sarà presente ogni volta che qualcuno prenderà la parola e qualcun altro sarà là ad ascoltare, a lasciarsi toccare e trasformare. Lui sarà soffio di vita e di novità ogni volta che daremo spazio alle questioni che più ci toccano e ci preoccupano, ci muovono e ci interessano, e sapremo credere che proprio là la Parola ci chiede di prendere posizione. Là essa illumina i nostri passi, ci permette di scorgere lo sguardo di fratelli e sorelle, e di vincere le mille paure che ci legano e tentano di bloccarci.

Prendiamoci cura gli uni degli altri. Rendiamo «spirituale» il nostro tempo assumendone con amore tutta la carne, tutta la concretezza.

Lo Spirito di tenerezza ci accoglie e ci ama tutti interi, là dove siamo, così come siamo. Con la sua carezza ci incoraggia a crescere in umanità, in umanità fraterna.

Pregheremo di più quest’anno. Lo faremo insieme, in ascolto della Parola di Dio e della vita. Impareremo ad incontrarci in modo semplice, senza maschere e anche senza pretese eccessive.

Di fronte alle domande del tempo scopriremo la prospettiva esigente e liberante del Vangelo. Ciascuno imparerà che è possibile raggiungere la propria felicità solamente lottando per quella degli altri, e che vedrà curate le proprie ferite chinandosi su chi ha bisogno. Insieme ci verrà donato di essere luminosi, accoglienti, pacifici e forti. Diventeremo fratelli, sorelle e persino madri, generatori di vita nuova, ascoltando la voce di tutti.

Stiamo attenti, allora, guardiamo come ascoltiamo e vedremo realizzarsi ciò che abbiamo ascoltato.