Quaresima NON quarantena

Quaresima NON quarantena

Saper condividere anche nell’emergenza.

Quaresima non quarantena

Articolo di mons. Pierangelo Sequeri pubblicato su Avvenire.

I Quaranta giorni della Quaresima non vanno confusi con una quarantena, neppure al tempo del Covid-19. Sono giorni per riunire, non per separare. Sono per condividere la nostra vulnerabilità, nella convinzione che l’essere umano è ospite – non padrone – della vita di tutti. E la vita di tutti – compresa la nostra morte – è destinata all’ospitalità di Dio, che ci chiede semplicemente di non precluderla a nessuno. Lo spirito delle Beatitudini apre una via per la società civile.

L’illusione di diventare signori assoluti della vita non significa affatto averne più cura. L’assuefazione al pensiero di un dominio tecnico totale dell’esistenza, come se l’immunità perfetta dalla malattia e dalla morte fosse soltanto questione di tempo e di mezzi, ci rende ogni giorno più vulnerabili “dentro” (e anche “fuori”). La demoralizzazione comunitaria del principio-solidarietà, che cresce insieme con l’ossessione individuale del principio-autonomia, ci conduce rapidamente a varcare la soglia sottile che separa il passaggio dall’indifferenza irresponsabile («Non è un mio problema») alla paura incontrollabile («Si salvi chi può»). La dignità della vita umana condivisa, che cura le ferite, affonda con la nostra ossessione del benessere totale, che scarta i feriti. Che cosa sono il bene e il male, la verità e la menzogna, la giustizia e la prepotenza, l’ospitalità e la persecuzione, la comunità e la guerra, di fronte alla paura – vera o presunta – di rimanere senza cibo, senza pillole, senza smartphone?

Scambiare il legame comunitario con l’autonomia individuale non è stato un grande affare. I due si sostengono a vicenda nel coraggio, o affondano insieme nella paura. La nostra lotta contro l’avvilimento della vita umana piegata dalla diffusione epidemica della fame, della droga, della schiavitù – tutte malattie mortali – ne viene forse rinvigorita? Quando tutti possono fare qualunque cosa, della vita, senza riguardo per la comunità, la comunità non può fare più niente per sé stessa. E per noi.

Non siamo padroni della vita. La vita, in tutte le sue dimensioni, come ci ricorda il Messaggio del Santo Padre Francesco per la Quaresima 2020, è un Mistero d’amore il cui principio e la cui destinazione non sono alla nostra portata. La sua custodia è affidata alla nostra responsabilità, ma la sua risoluzione va accolta nella fede. Il passaggio della morte e della risurrezione di Gesù è il passaggio di Dio attraverso il buco nero della nostra indifferenza e della nostra impotenza a risarcire l’amore della vita delle sue promesse mancate.

Dio non si comporta come un padrone della vita e della morte, ma come il presidio delle promesse irrevocabili dell’amore, che egli stesso ha sigillato nella nostra origine e nella nostra destinazione. «Chi crede in questo annuncio respinge la menzogna secondo cui la nostra vita sarebbe originata da noi stessi, mentre in realtà essa nasce dall’amore di Dio Padre […]. Se invece si presta ascolto alla voce suadente del «padre della menzogna» (Gv 8, 45) si rischia di sprofondare nel baratro del nonsenso, sperimentando l’inferno già qui sulla terra’. La cifra dell’appello odierno è racchiusa nella bellissima parola di Paolo: «Vi supplichiamo, in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio» (2 Cor 5, 20). La congiuntura presente, in cui la potenza della razionalità strumentale e l’alienazione della psiche collettiva crescono impetuosamente insieme, ci lascia forse indifferenti alla potenza di questo appello. Non dovremmo. La perdita dei legami comunitari apre un abisso di non senso per la vita individuale. L’uso fuorviante dei mezzi di comunicazione scaccia le parole di verità e decreta il trionfo della chiacchiera. L’idolatria della sete sfrenata del guadagno provvede al continuo rifornimento di idoli ai quali consegnare sacrifici umani. La politica cede il passo ai litigi di ringhiera e alle demagogie del capro espiatorio, dell’untore occulto, della vittima designata. Dall’appello di Paolo non sono certo esonerati i credenti. Essi per primi, invece, vi si devono esporre (e Dio sa se oggi non ne abbiamo bisogno). Lasciamoci riconciliare con Dio o saremo tutti in ostaggio di piccoli padreterni di complemento, che ci convinceranno che vale la pena di vivere soltanto se siamo perfetti e invulnerabili. (Perché, altrimenti, saremo da evitare come la peste e ci converrà togliere il disturbo da soli).

La Quaresima è il tempo che il Signore ci concede anche quest’anno come un tempo propizio per la nostra riconciliazione con il passaggio di Dio fra la morte e la vita, in cui il nostro passaggio tra la vita e la morte è sottratto alla irresponsabilità del suo spreco. Il Mercoledì delle Ceneri di quest’anno è un po’ più virtuale, quanto alla sua densità comunitaria. (Una dura lezione simbolica, a pensarci bene). In ogni caso l’apertura del tempo della Pasqua del Signore, destinato a purificarci dalla nostra indifferenza al mistero della vita, rimane assolutamente reale. (E lì dovremmo farci trovare più uniti).

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